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Globangolo fu il viro e accipiglioso

Inguantiti e incellofananti, incloudati nell’Internòt, immobili nelle città intanate, sempre in attesa di un portapacchio, incoviati e coviatori, abbiamo fatto esperienza di una realtà incomprensibile: fracanga, funestica e iellosa.

Ci voleva un linguaggio inaudito per raccontare il mondo apparalito dal Covid, il “viro accipiglioso” protagonista del libro e visualizzato in copertina dal segno sorprendente di Luigi Serafini. E inauditi sono gli endecasillabi di queste venticinque poesie scritte tra l’aprile e l’agosto 2020: piccola commedia dantesca, satira irresistibile, ma anche una riflessione su come l’esperienza dell’inatteso deforma dall’interno il nostro modo di nominare, e quindi provare a comprendere, il reale. Tanto inconcepibile da diventare dicibile solo attraverso l’invenzione di una lingua extra-vagante, centrifuga, anti-convenzionale e spesso illegale, come annotato dall’erudito e pedante critico, il misterioso professor Puntigli, risentito commentatore dell’opera.

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